SOTTO LO STESSO CIELO

Luoghi di identità, memoria, futuro

STO partecipa da qualche anno al bando per il Tema Culturale del Comune di Schio. E’ giusto e corretto che tutti gli associati siano informati
e partecipi di ciò che succede nel dietro le quinte dell’organizzazione dei progetti e degli eventi. Di seguito riportiamo il testo di quanto presentato all’amministrazione comunale scledense.
Il progetto è stato APPROVATO e pertanto verrà svolto nel corso dell’anno.

DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Il ruolo dell’arte e, in particolare del teatro, è fondamentale nella costruzione di comunità aperte e plurali: andare a teatro è innanzitutto condividere un’esperienza di comunità.

Il rapporto tra Arte e Comunità locali nel territorio scledense è molto ricco di esperienze che favoriscono l’accesso delle persone ad attività creative e culturali e che contribuiscono a processi di innovazione sociale, a creare legami, diversificare i pubblici, costruire benessere, sviluppare apprendimento e promuovere la ownership del patrimonio culturale e paesaggistico tra giovani e adulti, tema centrale e strategico di ogni attività culturale. Il senso è farsi carico in termini di responsabilità di un patrimonio di cui sentirsi, oltre
che i protagonisti, i principali beneficiari. All’interno della nostra Associazione si riflette di frequente sui temi di IDENTITA’- MEMORIA
- FUTURO, sul “senso di comune appartenenza”, sulla valorizzazione del patrimonio locale (che non è solo prodotti enogastronomici, ma è anche fatto di patrimonio immateriale), sul saldo legame localistico, sul “noi” a cui si deve accompagnare la costruzione di relazioni verso l’esterno ad allargare i confini. Un gruppo sociale si assicura una prospettiva di sviluppo durevole solo se asseconda entrambe le direzioni. Perché spesso il bene culturale fa parte di un contesto
territoriale che lo esprime e non può essere né compreso né valorizzato appieno fuori da tale contesto.

“Il termine “patrimoni” culturali (heritage) ha insito in sé non tanto il significato di “bene raro e di pregio” quanto quello di “bene avente carattere identitario in grado di veicolare valori e memoria” come appunto i patrimoni familiari trasmessi in eredità. I beni culturali sono dunque più delle risorse d’identità che dei beni di particolare unicità, rarità e pregio”.

Così i temi identitari degli scledensi si costruiscono anche attorno ai luoghi fisici simbolo della profonda trasformazione che Schio ha subito nel secolo della rivoluzione industriale: la memoria di una società profondamente legata all’industria laniera – che ne ha determinato e segnato inequivocabilmente lo sviluppo - è viva e Fabbrica Alta, Lanificio Conte, Teatro Civico, Teatro Jacquard e non solo, sono lì a ricordarla. E l’attaccamento delle persone a questi spazi è generalmente svincolato dal profitto economico.

Ora, le fabbriche in cui curvi sui telai si producevano manufatti, con la progressiva de-industrializzazione, la nascita di altre eccellenze e poli produttivi e i mutamenti dei contesti economici globali, diventano luoghi deputati all’arte da creare e vivere come esperienza quotidiana: perché se l’arte è avulsa dall’essere valorizzata e utilizzata come bene di una collettività, allora diventa una natura morta. Ci piace pensare questi luoghi fisici come spazi in cui si producevano e commercializzavano lane pregiate e in cui sempre più si produrranno le idee della città, per la città ma non solo. Città di cui Schio Teatro Ottanta si sente parte integrante fin dal nome.

Seguendo il filo del ragionamento, diventa cruciale il concetto di teatro come rappresentazione unica legata all’unicità del luogo.
In uno spazio e un tempo definiti e non replicabili ci si concentra ancora su quella parola, “insieme”, ovvero sulla qualità della relazione attore/spettatore. Il vincolo del “qui e ora” a cui è costretto il pubblico libera dall’illusione del “tutto e sempre” della rete globale e da alcuni altri paradossi contemporanei.

Oggi abbiamo ottenuto il dono (o la condanna) dell’ubiquità. La tecnologia ci semplifica la vita e ci porta in ogni istante, in ogni luogo e quindi da nessuna parte. Di ogni “evento” c’è una replica, di ogni informazione si trovano rimandi ovunque. Non si deve scegliere, abbiamo tutte le possibilità a portata di mano e l’illusione di un tempo infinito. Il teatro invece è mortale: accade in un luogo, davanti ad alcune persone, per una sera, e quando è finito lo è per sempre.

Da circa 2 anni Schio Teatro Ottanta ha costituito una nuova sezione di lavoro chiamata SKENÈ (scena) dedicata al teatro greco antico, nata dalla volontà di offrire alcuni esempi del complesso e sempre nuovo lavoro di “trasposizione” – dal greco antico all’italiano, dal testo alla scena, dal mito tragico alle sue variazioni – che la rappresentazione scenica comporta.

Attraverso incontri teorici, laboratori e spettacoli, la sezione Skenè affronta sotto diverse prospettive l’inesauribile vitalità del teatro antico, riflettendo su alcuni aspetti cardine tra cui il teatro corale - elemento caratteristico del modo di fare teatro di un gruppo affiatato e coeso - caratterizzato da un senso di distribuzione collettiva delle responsabilità che si traduce per gli spettatori nella sensazione che la compagnia stessa sia in qualche modo quel personaggio collettivo che il
coro greco intendeva essere.

Il teatro ci esorta a fare una scelta: bisogna scegliere di andare a teatro, e di perdersi tutto il resto. Con la rinuncia, accettando una perdita si ritrova il senso. La tragedia greca è inattuale e porta questo ragionamento al suo estremo, per questo è eterna.

Raccontare gli archetipi creati dall’immaginario degli antichi attraverso i nostri linguaggi e nei luoghi a noi più vicini è un lavoro di interpretazione volto ad individuare dei problemi presenti affrontabili attraverso la pratica teatrale, delle linee di lettura che chiamano in causa l’oggi, l’attualità in cui viviamo, la nostra quotidianità.

È soprattutto un modo per provare a contrastare la fuga in atto dalla cultura delle nuove generazioni e ridare centralità ai luoghi pubblici rispetto ai luoghi di aggregazione privati, che ad oggi hanno maggiormente compreso e valorizzato i nuovi linguaggi e che riescono a
generare emozioni e fidelizzazione.

Ma se uno spazio non contribuisce a definire l’identità di una persona siamo in presenza di un non-luogo, un punto di transito provvisorio; agglomerati commerciali come non-luoghi dove tutto è standardizzato, omologato e globalizzato, da Singapore a Tangeri, da Pechino a Mosca. I non-luoghi sono tra loro identici perché devono tutti soddisfare gli stessi criteri. Non devono avere radici. Un non-luogo non si racconta: si usa e si dimentica. Un non-luogo cancella la memoria.

C’è il desiderio di traghettare l’unicità della nostra cultura attraverso il mare della globalizzazione e della multiculturalità ma dobbiamo comunque garantire il mantenimento dei caratteri peculiari che
nel corso dei secoli hanno delineato la nostra specifica identità.

Così il futuro del patrimonio di una realtà locale non potrà prescindere dal coinvolgimento (engagement) come strumento di progettazione (disegnare esperienze per e con i pubblici) facendo leva sul “senso di comune appartenenza” ad un ambito territoriale dai confini geografici e culturali chiaramente delineati ma non certamente chiusi.

Il “theáomai”, il “guardare” degli antichi spettatori greci, non era visione passiva ma sempre un momento attivo della vita della comunità civile.

Pirandello si chiedeva “che fine fanno i personaggi una volta calato il sipario?”. La risposta forse è che vanno al mercato, mangiano una pizza, vanno in ufficio, insomma, vivono accanto a noi. Infinite volte dentro di noi, infiniti germinatori, e quindi non muoiono mai.

A questo proposito, qualcuno diceva: IL TEATRO NON È CONTEMPORANEO, È ETERNO.

Attività proposte

SKENE’, laboratorio

Il Piccolo Velario, sede Associazione STO, via Verla 2b, 36015 Schio (VI)

LE EUMENIDI di Eschilo, riedizione site-specific per i Giardini Jacquard
Giardini del Teatro Jacquard
In caso di maltempo: Lanificio Conte

AMLETO IN SALSA PICCANTE di Aldo Nicolaj
Anfiteatro Toaldi_Capra
In caso di maltempo: Lanificio Conte

SOTTO LO STESSO CIELO, DA EPIDAURO AL GLOBE Lezione-spettacolo
Lanificio Conte
Il teatro classico – nella nostra scelta il greco antico e Shakespeare - è fonte inesauribile di drammaturgia, come aspetti strano le variazioni sul tema che vengono presentate agli spettatori del mondo intero (a pochi km da Schio, il ciclo dei classici al Teatro Olimpico di Vicenza).

Ma vediamo di capire quale è il limite che separa l’attualizzazione dalla riscrittura, quale è il senso di riprodurre acriticamente i testi antichi dinanzi a spettatori moderni e quale è la chiave di lettura più giusta delle opere classiche? Proveremo ad affrontare il complesso tema in questa lezionespettacolo con un focus particolare su alcuni contenuti e richiami tra il teatro greco antico e il teatro shakespeariano.

Gli obiettivi del progetto non sono didattici, ma sicuramente la prospettiva è quella di "educare”, "coltivare", "far crescere" un pubblico attento e sensibile, anche attraverso la formazione teatrale delle Botteghe del Teatro. I principali destinatari del progetto
artistico di Schio Teatro Ottanta sono i pubblici giovani, anche coloro che non vanno a teatro.
Perché spesso il Teatro è visto come l’antitesi del divertimento.

I contenuti e le modalità scelti nel progetto nascono dalla volontà di voler offrire una proposta di elevata qualità artistica che contempla un’assunzione di precise responsabilità da parte del proponente, tra cui:
Rendere il teatro una cosa bella, attrattiva o almeno qualcosa per cui valga la pena di alzarsi dal divano, spegnere Netflix, uscire di casa.

Non essere autoreferenziali ma mettersi alla prova e possibilmente superarsi.

Non scordare che il teatro è comunicazione: se il messaggio che io voglio trasmettere non arriva allo spettatore, la comunicazione non avviene: uno spettacolo, per piacere, deve innanzitutto essere capito.

Comunicare il valore della proposta artistica e il lavoro che sta dietro a ogni singola battuta.

Formulare una proposta coerente: essere preparati non solo come attori, ma anche nella scenografia, costumi, trucco, organizzazione, fotografia, luci, musiche, promozione, marketing, grafica … cioè a comunicare in modo chiaro e coerente l’idea di uno spettacolo.

La “sospensione dell’incredulità”, il “facciamo finta che” dei giochi dei bambini è l’essenza stessa del fare teatro e ci dà il potere di portare in scena qualsiasi storia. Se lo spettatore, mentre assiste alla messinscena, non fa più il suo esercizio di fantasia, se non capisce, allora non è più emotivamente coinvolto e inizierà a guardare foto su Instagram.

Coinvolgere lo spettatore, immergerlo in un mondo nuovo, senza spiegazioni scolastiche ma fornendo gli strumenti giusti per capir i meccanismi. Farlo partecipe del grande gioco incredibilmente serio che è il teatro.

Note al progetto

Forse un po' stretta dentro quell'aggettivo "amatoriale" che rende malamente la passione e l'impegno di chi lo fa, il teatro di STO costituisce una realtà indiscutibilmente viva e dinamica.

È' un Teatro fatto da persone che, oltre il lavoro e gli impegni familiari, portano avanti, in maniera assolutamente gratuita e volontaristica, il proprio amore per l’arte drammatica, contribuendo alla crescita culturale e sociale della comunità in cui vivono e diffondendo l'amore per le arti sceniche.

Nei teatri parrocchiali, nelle sale di comunità, a volte nei circuiti professionistici, la Compagnia, con il suo radicamento nel territorio, favorisce il rinsaldarsi della comunità e rappresenta per molti il primo approccio alle scene, una vera e propria palestra artistica capace di offrire un'insostituibile opportunità formativa, culturale e aggregativa.

Un Teatro che spesso non fa notizia, ma che è capace di riportare chi lo fa alle radici stesse del far Teatro: l'incontro con l'Altro.

Magda D.

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